Fare un logo è una questione di cuore
Fare un logo è una questione di cuore
Per fare un logo ci vuole il cuore!
Uno dei lavori grafici più difficili, nonostante l’opinione comune a riguardo, consiste nel fare un logo. La difficoltà non è tecnica, ma concettuale. Non basta scegliere un’icona rappresentativa della categoria di appartenenza, bisogna metterci il cuore. Tradotto: il logo deve essere espressione del brand. Quindi non si tratta mai di fare uno schizzo di un disegnino e ci vuole collaborazione tra il cliente e il grafico.
La creatività del secondo infatti comincia dopo aver ricevuto un brief chiaro del progetto da parte del primo. Per fare un esempio, non basta cercare un’icona di una casa per un’agenzia immobiliare. Qual è il core business di quell’agenzia? Quali sono i valori in cui crede? Qual è il suo tono di voce?
Cominciamo col dire che il logo non è il marchio e nemmeno il pittogramma.
Quindi quando un grafico si trova a dover elaborare un logo in realtà deve pensare a logotipo e pittogramma: simboli, icone, font, stile, tono di voce, effetti, trasparenze e chi più ne ha più ne metta. L’obiettivo è sempre quello di creare qualcosa di unico, mai visto e identificativo di un brand.
Un caso concreto: il nostro logo
Anche per il nostro logo non ci siamo limitate a prendere un pigiama e farne un logo. Per il pittogramma abbiamo ragionato su un oggetto che rappresentasse il concetto che viene accostato sempre al termine “freelance”: il divano! Abbiamo immaginato uno stile, giovane e divertente, forme che richiamassero all’irregolarità (vedi il cerchio non perfetto) e infine abbiamo “vestito” il divano, che di fatto rimane in pigiama (chi non ne ha avuto uno con le stelline?!).
Il pigiama invece è presente nel nostro logotipo, per il quale la nostra Deb ha cercato un font giocoso e moderno, come siamo noi, con un richiamo alle stesse stelle del divano. Anche in questo caso abbiamo giocato con l’irregolarità delle lettere (la monotonia proprio non ci piace)!
L’idea del colore è arrivata direttamente dall’anno di nascita del nostro progetto, il 2020, anno in cui Pantone aveva decretato il Classic Blue come colore dell’anno. Volevamo richiamare infatti il momento di nascita di Freelance in Pigiama e mai avremmo immaginato che il 2020 non avrebbe avuto bisogno di molti simboli per essere ricordato. Ma per noi era importante richiamare una sfera visiva precisa da associare all’avvio del nostro bel progetto e alla fine la scelta è ricaduta sul colore simbolo di fiducia e speranza, di riflessione e dialogo (quanto ne abbiamo avuto bisogno nel 2020?!).
Anche i grandi non improvvisano mai
I loghi devono avere uno storia e persino i grandi brand non improvvisano mai. Questo accade per i nuovi loghi ma anche per i restyling, persino quelli importanti. Prendiamo il caso di Enel: il vecchio logo era stato lanciato nel 1998, ora il nuovo ha una veste grafica colorata e moderna, meno austera del precedente. Ecco cosa ha detto Isabella Panizza – Head of Global Digital Communications di Enel – in un’intervista di qualche anno fa:
“Siamo partiti dall’aspetto che concetti come energia e movimento assumono in natura. L’approdo è stato il concetto di “cursore”, un’entità astratta che rappresenta visualmente le caratteristiche salienti dell’energia. Il cursore diventa l’elemento costituente del nuovo logo, dell’identità visuale del brand e soprattutto dell’esperienza di interazione fra brand e stakeholders. Qualsiasi momento di comunicazione è costruito partendo dall’unità base del cursore. L’obiettivo di Enel era dotarsi di una nuova identità visuale che riflettesse il nuovo posizionamento Open Power a livello di concetto. Ma anche trovare un’identità esteticamente «digitale» e quindi più contemporanea che esprima la leadership tecnologica di Enel: smart-grid, mobilità elettrica, smart-cities, start-up, energie rinnovabili”.
Il caso Enel è la dimostrazione che se una società ha bisogno di riposizionarsi allora è fondamentale ripartire dal logo, o meglio dal marchio. E così ha fatto: in un colpo solo presenta logo e sito, lavorando su un appeal super-digitale capace di allontanarne la sua immagine anni luce da quell’aura vagamente ministeriale da cui erano avvolte le grandi commodity del nostro Paese.
Fare un restyling di un logo può avere anche risvolti inaspettati. Quando si tocca il logo e lo si fa di un brand importante può anche succedere che la reazione del pubblico sia talmente esagerata da doverci mettere mano una seconda volta. È quello che è successo ad Amazon con il restyling dell’icona della sua app a gennaio 2021 che per molti utenti online aveva un dettaglio che ricordava i baffi di Hitler.
In un attimo si è passati dalle ironie ad accuse serie, esagerate che hanno portato Amazon a decidere di modificare nuovamente la sua icona. Tutto è rimasto invariato esclusi i presunti baffi che ora sono un rettangolo celeste con un piccolo risvolto all’angolo a ricordare il nastro da pacchi pronto per essere rimosso.
Logo? Chiedi a un grafico (bravo)
Non ci sono dubbi: per fare un logo fatto bene ci vuole un grafico e pure bravo. Perché c’è da capire il progetto, conoscere stili di comunicazione diversi, saper interpretare tono di voce e personalità del brand. La nostra Deb è pronta a sfoggiare tutta la sua creatività!
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